Archivio per la categoria ‘Senza categoria’

A mesi di distanza, il bisogno di riprovare l’estraneazione di un blog.
Il desiderio di dire basta ai così tanti impegni che ogni giorno ti assalgono come zanzare.
Il bisogno di tornare al mio luogo di fuga dal mondo, a trovare il mio fratello fiume. E le piogge e le stagioni che lasciano spazio ai mesi invernali si fanno più intense, e i momenti per soddisfare il desiderio di solitudine più radi.
Com’è difficile restare soli, in casa propria. O anche solo rintanarsi in camera, e udire lontano quel ronzio di televisione che distruggeresti.
Gli ultimi mesi sono stati un susseguirsi di impegni, scoperte, ambizioni. Ambizioni in cui credere , ma a cui sai che non potrai per sempre appigliarti. I sogni sono belli perché sono tali.
Cosa darei per vedere almeno proiettato nel mio comune uno di quei cortometraggi a cui dedico così tanto impegno..
Come vorrei qualche piccola gratificazione da quello che faccio giorno dopo giorno.
Eppure non faccio altro che attendere disilluso delle occasioni che stanno tardando troppo a presentarsi.
I miei amici hanno già compiuto delle scelte. Io che scelta voglio?
Che cosa voglio dalla mia vita?
Studiare ciò che piace, molti mi dicono che faccio bene. Ma se a nulla serve, allora come reagire?
Abbracciare un mondo ostile a cui sei ostile, o rinunciare a tutto ?
Perseguire un sogno finché morte non vi separi, o fare i conti con la crisi?
Stupida crisi. Stupida Italia. Da piccolo mi piaceva credermi patriottico. Oggi mi rendo conto che il nostro è uno dei paesi più disuniti esistenti. Se non siamo arrivati alle armi, è perchè manca il coraggio.
Ho come l’impressione che neppure la Vera Rabbia, che in tanti attendono, specie tra le vecchie generazioni, spronerebbe questo nostro popolo ad un cambiamento. Perché i cambiamenti possono provenire sia dall’alto che dal basso, ma quelli che il popolo vuole, no, quelli sono dal basso. E fino ad oggi ne ho visti solamente dall’alto.

Questa mattina mi sono svegliato in ritardo. C’era nebbia fuori. Ho pensato che sarebbe stata una triste giornata.
Non dà forse la nebbia la sensazione di incompletezza? Personalmente, non riuscire a vedere da un palmo dal naso la ritengo un’emozione bella, forte, ma allo stesso tempo inquietante. Perché tu sei consapevole che dinanzi a te c’è dell’altro. Solo, non riesci a coglierlo. E allora procedi a tentoni, o coi fendinebbia (che la nebbia non fendono). E dall’altra parte si avvicinano delle luci. Macchine. Poi scompaiono. Cosa avverto in quel momento.. un’ansia, dovuta all’incompletezza. Un’ansia che rispecchia il mio stato emotivo, uno stato incompleto, che attende di colmarsi in qualche modo. E attende, attende le gocce di pioggia. Ma la brina farà molta fatica a riempirle.
Vivo nell’attesa. Vivo nell’ansia. Vivo nell’inquietudine. Vivo nelle scelte non fatte. Vivo per vivere. Vivo di stenti, di tentoni, di fendinebbia. Vivo di piccole luci lontane. Vivo nella nebbia.

Salve. E’ davvero molto tempo che non metto mano al blog, e mi dispiace. Mi dispiace, perché non scrivere nel blog significa per me non immergermi in me stesso, non tentare di capirmi, passare oltre l’introspezione. Qualcosa che odio.
Farò certamente di più; Ho molti progetti per la testa,e pian piano sto cercando di portarli a termine.
http://www.youtube.com/user/Rayfolle?feature=mhee Questo è il mio canale youtube, nel quale da alcuni mesi a questa parte ho postato video di quella che è nata come sitcom col nome Bar Bar.
Un progetto che mi ha divertito parecchio, ancora in fase di produzione tra l’altro, e a cui sono molto affezionato, perché scritta da me, girata praticamente a casa mia, con me come attore principale.
Egocentrico? No, semplicemente do una mano a me stesso a realizzare quello che altri non mi aiuterebbero a fare. E a sorpresa, ho avuto diversi aiuti, proprio per tal progetto, e per questo ringrazio chi mi ha dato una mano chi continuerà a farlo.
Inoltre, al momento sono impegnato nel montaggio di un video girato il 7 agosto scorso nell’appennino umbro.
Ricordate River of Diamonds? Per chi non lo conoscesse, questo il link: http://www.youtube.com/watch?v=HrsouR0xEMw&list=UUiMuGlqIPggo9maTo7RXwyg&index=14&feature=plcp
River of diamonds è stato il primo di quelli che noi del gruppo chiamiamo “Cortometraggi estivi”. Ecco, il 7 agosto scorso è stato girato un nuovo corto, il secondo, su cui ci siamo molto impegnati e che spero di poter pubblicare entro la fine di ottobre.
In ultimo, la fun fiction di One Piece. Ho visto che ha avuto diverse visite, non me l’aspettavo. Sono consapevole del fatto di non aver più pubblicato episodi; Il fatto è che di episodi ne ho molti già pronti, soltanto che, siccome per due mesi non ho praticamente scritto nient’altro di nuovo, ho aspettato a pubblicarli per non trovarmi nella brutta situazione di non avere più niente da pubblicare in seguito. Se qualcuno ha seguito le vicissitudini di Danger Island e sta attendendo il seguito, lo ringrazio, a prescindere che piaccia o meno 😉
Detto ciò, prometto che tornerò presto, intorno alla seconda settimana di ottobre, con video, post, e ff. A presto!

Con questa fanfic intendo narrare di eventi SPOILER, che diano per scontata una conoscenza dei capitoli successivi all’isola degli uomini pesce, seppur sia ambientata subito dopo essa.

La ciurma di cappello di paglia si è appena lasciata alle spalle l’isola degli uomini pesce, e risalita in superficie, si tuffa nel nuovo mondo. La prima destinazione è Danger Island, meta obbligatoria per i pirati provenienti dal “Paradiso”, la cui peculiare caratteristica è L’High West, una montagna alta ben 7000 metri. Qui un potente pirata di nome Kira Nowa, da 750 milioni di berry, pare stia reclutando una ciurma…

Episodio 2:
In una nuvolosa giornata e dopo mille raccomandazioni da parte di Nami, la ciurma sbarca finalmente sulle coste di Danger Island, in una baia piuttosto malmessa circondata da case diroccate e abbandonate, non molto lontano da Black Town.
Come ogni sbarco che si rispetti, ognuno sceglie di compiere le mansioni che più gli aggradano, e in un istante i mujiwara si ritrovano a percorrere vie separate: Zoro con Rufy si dirigono al centro città, Chopper e Usop preferiscono ispezionare le campagne circostanti, il primo alla ricerca di erbe e il secondo di piante da poter utilizzare per le sue armi sperimentali, Brooke con Sanji, che passando per la costa di dirigono a grandi passi verso la spiaggia alla ricerca di belle ragazze, ed infine Robin e Nami, speranzose di poter rendere il viaggio più gradevole con qualche acquisto intelligente.

“Mi raccomando, Robin. Niente vestiti nuovi, questa volta” raccomandò la ragazza, fingendo responsabilità per i propri quattrini; Ma Nico Robin non è certo donna da farsi abbindolare, e subito ribattè “Sei tu quella che spende sempre fino all’ultimo centesimo in vestiario”.
“Ma io lo faccio per apparire una graziosa e giovane fanciulla!”.

Non molto lontano dalla Sunny, Usop e Chopper s’incamminarono dunque nella loro escursione strumentalista, e conversando del più e del meno ben presto si ritrovarono ai margini di un fitto bosco.
“Uuuh guarda Chopper! Lassù!” indicò il cecchino alla renna, puntando il dito ben più lontano dell’orizzonte, sopra le verdi piante.
Quello che Usop stava mirando era un imponente agglomerato roccioso, una montagna di cui non si scorgeva la punta, circondata da impenetrabili nuvole.
“Wooow è altissima!” commentò la renna, estasiata.
“Se non vado errato Chopper, quella è la High West… la montagna più alta e insidiosa della rotta maggiore.. E’ la strada alternativa di cui Gann Forr ci parlò per arrivare all’isola nel cielo…”.
“Isola nel cielo….”ripeté la renna, con le lacrime agli occhi “Quanto mi piacerebbe tornarci… Rivedere Konis, Pagaja, il cavaliere celeste…”.
“Dimentichi Wiper…” puntualizzò Usop. “No, lui non mi manca. Mi metteva paura”.
I loro sguardi mirarono a lungo le alte cime impenetrabili, rapiti da sogni e nostalgie ora molto forti “Chissà se un giorno ci torneremo…” si domandò Usop.

Black Town, centro città

“Ehi Zoro, vieni ad assaggiare questa leccornia!” gridò Rufy all’amico, consigliandogli di assaggiare ad un chiosco in piazza alcune specialità di carni dolci locali.
Ma Zoro aveva già trovato guai.. o forse i guai erano andati a lui.
Erano in tre, pirati che portavano marchiato un simbolo identico tra loro: un teschio rovesciato con una spada infilzata in testa, e l’avevano circondato.
Mentre lo spadaccino già sfoderava la spada, Rufy dal chiosco notò un uomo piuttosto forzuto dirigersi verso i combattenti attaccabrighe, e con la coda dell’occhio osservò le sue azioni.
“Tu sei lo spadaccino Zoro, da 120 milioni! Una mezza cartuccia, che non merita neppure di calpestare questa piazza!” lo stava provocando uno dei tre , armato di spada. Una spada che, Zoro se n’era accorto fin da subito, aveva qualcosa di molto strano.
“Da quand’è che è vietato camminare?” rispose.
Avrebbe voluto infuriarsi, farlo secco sul momento. Gli altri due non parevano pericolosi, ma quest’individuo, avvolto in una lunga mantella nera e con un cappello fin troppo alto in testa, incuteva timore.
Che possieda lo stesso haki di Rufy? Si domandò tra sé.
Effettivamente, non riusciva a muoversi. Non capiva. Non era da lui. Non gli era mai successo. Stava tremando di fronte a qualcuno.
“Questo posto è riservato al capitano Kira. Io sono il vicecapitano, Jidr. E tu, mezzacalzetta da 120 milioni, non meriti il mio sguardo. Lo sguardo di un pirata da 500 milioni del mio calibro!”.
Alla scena stavano assistendo molti passanti, terrorizzati. Rufy stesso, dalla sua postazione, fu molto colpito dalla rivelazione della taglia di quel tizio ben poco raccomandabile, e intuì presto della pericolosità della situazione.
Appoggiato il suo dolce al sapore di carne sul tavolo del chiosco, si preparò ad intervenire, quand’ecco che il losco individuo che lui stesso fino a poco prima stava osservando, intervenne direttamente, separando Zoro dai tre aggressori.
Era un omone piuttosto imponente, con un solo braccio, ma che Rufy riconobbe al volo “Jaws!!!” capì, ricordandosi d’istinto dell’uomo che a suo tempo aveva combattuto al suo fianco nel tentativo di salvare Ace a marineford.
“Ti conviene lasciare la piazza, Jidr Heim, se non vuoi vedertela con me” tentò d’intimorirlo l’uomo diamante.
Ma questi non ebbe certo paura “Diamond Jaws… che sorpresa trovarti a Danger Island… Dimmi, come sta il tuo caro “padre”?”.
Era chiaramente una provocazione, che tra l’altro fu seguita da un ghigno dell’intero trio. Una provocazione che Jaws non mandò giù.
D’improvviso tramutò il proprio braccio in un pugno di diamante, e s’apprestò a colpire colui che aveva osato prendersi gioco del nome del grande Edward Newgate.
Rufy s’affrettò a raggiungere Zoro con ansia crescente, capendo che la situazione si stava veramente complicando “Zoro! Spostati da lì!!!!”.
L’impatto del colpo inferto fece tremare l’intera piazza, tanto da spaccarne le fondamenta in due. Un terremoto che si ripercosse per svariate miglia. Ma come ben presto i presenti ebbero modo di intuire, non sortì alcun effetto: la spada del vicecomandante Jidr dei pirati di Kira Nowa aveva bloccato con gran facilità il colpo, e la cosa spaventò in particolar modo Jaws, che nel colpo aveva messo tutta la sua forza.
“Non c’è che dire. Vali la tua taglia, Pugno di Diamante. Ma non puoi nulla contro di me, lo spadaccino numero due al mondo!”.
Un gran colpo di scena, per Rufy e specialmente Zoro.
Tutto si sarebbero aspettati, fuorché incontrare sulla prima isola del nuovo mondo l’ex comandante della terza flotta di Barbabianca, e un potente pirata da cinquecento milioni classificato come il numero due al mondo.
“Come ben sai, il capitano Kira non è interessato ai Paramisha. Solo i veri frutti sono i benvenuti nella più potente ciurma esistente del nuovo mondo! E tu, mi dispiace, non rientri nella categoria Rogia. Non ho interesse ad eliminarti, ma vedi di toglierti dal mio cammino, o sarò costretto a tornare sulla mia decisione… e quanto a te, Roronoa, e a te, ragazzo di gomma cappello di paglia… fareste bene ad andarvene. Il nuovo mondo non è posto per dei mocciosi del vostro stampo!”.
Detto questo, i tre uomini scomparvero, letteralmente. Rufy conosceva quella tecnica, l’aveva già vista in azione, tempo addietro.. le rokushiki… il soru, che lo stesso Koby aveva saputo padroneggiare a marineford..
Quell’episodio li aveva lasciati sconcertati; Così come la stessa piazza era rimasta di stucco nell’assistere a eventi così gravi..
Era risaputo che il capitano Kira si fosse stabilito sull’isola per dei reclutamenti… era risaputo che stesse creando una ciurma incredibilmente potente… ed era anche risaputo che parte della ex ciurma di Barbabianca si fosse rifugiata sull’isola, in tempi recenti…
Ma questa era la prima volta che due tali potenze erano entrate in conflitto, e c’era da ritenere che fosse solo l’inizio di una lunga serie di spiacevoli eventi…
E tra la folla, già in molti avevano pensato di prendere in mano i lumacofoni e contattare il G5 “Parlo con la marina militare… ? Voglio segnalare la presenza della ciurma di cappello di paglia a Danger Island! Accorrete in fretta, prima che si scateni il pandemonio!”.
Era un bel guaio, e Diamond Jaws pensò bene di costringere i due pirati appena salvati a seguirlo da qualche parte, per trovare un po’ di tregua e poter loro spiegare cosa stesse accadendo in realtà su quell’isola…

Episodio 3:

“Aaaaaaaaah!” gridava spaventata una donna vicino al porto dove ormeggiavano la maggior parte dei pescherecci di Danger Island.
La sfortunata si limitò a scappare via con le lacrime agli occhi, mentre una voce mascolina non molto lontano lamentava “Aspetta dolcezza!! Guarda cosa hai fatto, teschio! Tu le donne le terrorizzi!!”.
Si trattava chiaramente di Sanji e Brooke alle prese con la loro escursione di cui Nami si era tanto raccomandata di non fare.
“Yohohoho! Forse non avrei dovuto chiederle di mostrarmi le mutandine, si è certamente offesa!” “Testa di rapa, è scappata perché aveva paura di te!”.
Il povero uomo, affranto a causa della compagnia che non gli stava permettendo di ronzare attorno a nessuna donzella, si sedette all’angolo di un edificio a fumarsi una tranquilla sigaretta, lasciando Brooke a passeggiare e terrorizzare passanti per qualche altro minuto.
“Pfff… non si può certo definire un’isola tranquilla…”pensò tra sé, con una nota di serietà in più “Mi domando come mai la città pulluli di così tanti pirati… eppure da quanto ho sentito.. la marina dovrebbe avere un’importante sede non molto lontana dall’isola..”.
Ma il cuoco della ciurma di cappello di paglia fu ben presto distolto dai suoi pensieri quando si rese conto che le grida attorno stavano iniziando a dargli sui nervi.
Quando sollevò lo sguardo alla ricerca di un Brooke da rimproverare, si rese conto che lo scheletro musicista era scomparso.
O meglio, scomparso dal suo campo visivo.
Fu un attimo. D’improvviso, a non più di venti metri dalla sua postazione, Sanji si rese conto che qualcosa stesse accadendo quando vide un’intera abitazione crollare.
D’istinto si precipitò sul posto assieme ad una folla piuttosto atterrita, e ciò che vide lo lasciò perplesso: delle sottospeci di nani armati, una razza animale (o umana?) che non ricordava di avere mai visto; Ma al di là del loro buffo aspetto e della minuta statura, ciò che subito catturò la sua attenzione fu la paura dei presenti nell’osservare questi ridicoli esseri simili a piccoli orsetti, le loro armi simili a spade, ma soprattutto Brooke in loro ostaggio.
“Brooke! Che stai combinando?!” gli gridò contro il cuoco, già pronto a sferrare calci.
In realtà lo scheletro non pareva in condizioni così salutari… sembrava anzi silenzioso, e le sue ossa non splendevano come al solito. All’improvviso, si accasciò a terra, il corpo fumante.
“Ehi?! Cosa diavolo…?!”.
Un paio di passi tra le macerie dell’edificio. Un’ombra che si allungava contro la poca luce che filtrava tra le nuvole del cielo. E gli occhi di Sanji si dipinsero di terrore…

High west, 5000 mt.

Un vorticoso e freddo vento batteva sulla struttura informe e scura adibita sulle alte rocce dell’High West.
Di colore blu scuro, ondeggiante, molle ma incredibilmente stabile, una sottospecie di castello innaturale si ergeva solitario sull’alta quota.
Intorno, solo terreni scoscesi e desolati, con sprazzi di neve qua e là a tingere di bianco la nuda e secca terra di quell’inospitale luogo.
Nessuna guardia all’esterno; Solo una schiera di uomini armati che sfoggiavano bandiere pirata tra le più disparate; Uomini che in religioso silenzio e rispettando il proprio momento entravano all’interno della fortezza.
Ciurme pirata da tutto il mondo andavano convergendo in quell’unico punto, cercando di trovare la svolta alla propria vita. Una svolta al fianco di uno dei capitani più potenti e promettenti del Nuovo Mondo, Kira Nowa, la cui taglia da 750 milioni era tra le più temute al mondo. E giudicata da molti fin troppo bassa per il reale livello di pericolosità…
“Mostrami il tuo potere. Crea un varco nelle mura della mia fortezza…” risuonava la sua scura e profonda voce all’interno di un largo spazio completamente vuoto.
Erano in tre, presenti a quello che a tutti gli effetti veniva considerato un esame di ammissione.
Il capitano Kira, il cui possente corpo era a malapena visibile, celato dall’ombra più profonda dell’interno del palazzo; L’esaminatore, una donna molto bassa e di età attorno ai cinquant’anni, dai capelli rosso fuoco… e l’esaminato, un pirata molto magro e alto, con denti aguzzi e capelli a punta.
“Nome” domandò freddamente la donna, mentre il capitano Kira alle sue spalle taceva ed osservava.
“Ladolf Ogreheim…” rispose quello, pronto.
“Taglia?”
“280 milioni”
“Potere?”
“Nessun frutto del diavolo. Ottima conoscenza di rokushiki e possiedo l’haki dell’armatura”.
“Procedi con la dimostrazione”.
Calò il silenzio. La donna esaminatrice improvvisamente si tramutò in liquido, in acqua, e in una frazione di secondo mescolò se stessa con la parete della fortezza, fatta della stessa materia.
Era il momento del rituale.
La donna, o meglio, il castello stesso recitò: “Io, Rebecca Azuma, ti giudico!”.
Seguì un’azione istantanea da parte dell’esaminato. Con tutta la sua forza, e con un’agilità spaventosa, il pirata Ladolf da 280 milioni di berry colpì con un clamoroso rokuouguun, la tecnica arcana, la parete del castello fatto d’acqua.
Era il momento della verità.
In un primo momento, il colpo parve di una potenza tale da essere in grado di distruggere l’intera montagna, tale fu l’onda d’urto che ne scaturì; Ma non fu sufficiente: con la parete ancora intatta dell’edificio, l’esame terminò automaticamente.
E gli occhi di Ogreheim divennero panico puro.
Di scatto, si voltò verso il capitano Kira, e tentò di supplicarlo “Vi prego! Mi dia un’altra possibilità!”.
E Kira Nowa si alzò dal proprio trono d’acqua, mostrando infine il suo volto usurato dal tempo, la sua muscolatura possente, la sua folta barba bianca, e i ricci capelli bianchi che gli scendevano fino alle spalle.
Stringendo fortemente quello che aveva l’aria di essere uno scettro, decretò “Pirata Ladolf Ogreheim. Come ben sai, la mia filosofia di una ciurma perfetta mi impone di cercare possessori di frutti del diavolo abbastanza potenti da essere in grado di resistere al loro nemico naturale, l’acqua. Per questo spesso prediligo pirati rogiati. Ma quando si parla di non fruttati, la situazione volge a vostro vantaggio, non avendo il problema dei possessori di frutti. Per questo ho voluto darti una possibilità. Ma non posso passare sopra alla sfacciataggine che hai dimostrato nel presentarti a me nonostante io ti avessi dato questa opportunità senza che tu fossi stato capace di abbattere un muro d’acqua. Per questo, io ti giudico… Colpevole di debolezza. Tu non meriti di essere pirata. Né tantomeno di avere un’altra possibilità. E’ tutto”.
Rebecca sapeva cosa stava per accadere. Era già successo molte altre volte, negli ultimi giorni.
Questi pirati di nuova generazione non valgono niente… riteneva tra sé.
Per questo osservò soddisfatta Ogreheim correre distante in preda al panico, certa che non avrebbe più lasciato quel palazzo vivo.
“E’ quello che si merita”.
“Noooo!! La prego!!! Si fermi!!!! Nooooooooooooooooooo!!!” gridava il pirata da 280 milioni, prima che il potere Supremo si fiondasse su di lui per finirlo.
Le ultime parole di Kira Nowa furono “Rebecca, contatta i cacciatori di taglie del G5. Riscuoti tu stessa la taglia di questo sfortunato individuo. Se osano mettere in discussione la tua autorità, o provano ad attaccarti, risolvila come meglio ritieni”.
La donna s’inchinò maligna “Agli ordini capitano”.

Su Danger Island, l’isola vetta, stava accadendo qualcosa di clamoroso.
Qualcosa che avrebbe finito per attirare l’attenzione del mondo intero.
Si diceva che il pirata Kira Nowa stesse reclutando nuovi membri per la sua cosiddetta “ciurma perfetta”, e che le stragi di potenti pirati fossero già incominciate.
Un fattore che alla marina non avrebbe fatto di certo piacere, sapere che un pirata stava uccidendo pirati al posto loro solo per aumentare la propria notorietà era qualcosa da non sottovalutare.
Così facendo, il governo mondiale avrebbe perso prestigio, e la politica del nuovo grandammiraglio non l’avrebbe permesso.
Inoltre, correva voce che la ciurma di cappello di paglia fosse capitata sull’isola dopo aver dichiarato guerra all’imperatrice Big Mam.
E mentre i gabbiani giornalisti portavano i nuovi avvisi di taglia che vedevano aumentato l’avviso del pirata Kira a 850 milioni, alla Thousand Sunny Franky, nella sua guardia alla nave, si rese conto dell’arrivo di più di una nave da guerra della marina, dirette proprio su di lui…

TO BE CONTINUED…

Ecco qui di seguito il mio rapporto col mondo dei social media e dei social network; Alcuni potranno riconoscervici, altri solo in parte, anche se dubito che per qualcuno che girovaga nel leggiucchiare blog a caso ci sia una totale differenza 😉
Innanzitutto, occorre dire che Web significa quotidianità.
A meno che non si sia sprovvisti dei mezzi per connettersi, esso entra a far parte di noi e del nostro vissuto giornaliero (come ho già detto nel precedente articolo).
Accedere al web comporta una serie di azioni abitudinarie: pagine che vanno aperte in un certo ordine, con una certa fretta, con una certa voglia di conoscerne i nuovi sviluppi di contenuti.
In primo luogo per me, come suppongo per tanti altri, si apre facebook (o per chi possiede altre piattaforme social, ad esempio, twitter, flickr, tumblr ecc.).
Una volta aperto facebook automaticamente il nostro cervello abbina tre livelli di importanza a tre opzioni su cui potenzialmente poter cliccare: richieste di amicizia, messaggi privati, notifiche.
Nel mio caso, l’ordine di apertura (ammettendo che tutte e tre siano “accese in rosso”), è così come l’ho scritto.
Questo perchè a mio avviso una richiesta di amicizia, implicando una potenziale nuova relazione, apre molte porte che le altre due opzioni non aprono.
Richiesta di amicizia può indicare una relazione con un totale estraneo, che conosceremo solo ed esclusivamente via web; Con il messaggio privato questo livello relazionale si abbassa, o meglio si interiorizza: solitamente si tratta di un archivio di messaggio inviati tramite chat, e nella maggioranza dei casi, a qualcuno che conosciamo, o con cui abbiamo un qualche tipo di relazione.
Certo, esistono i casi in cui potremmo contattare ugualmente un estraneo, ma lo si fa solo in casi particolari… per motivare qualcuno ad accettare la nostra richiesta d’amicizia… oppure per instaurare un contatto con un personaggio conosciuto (della tv, dello spettacolo, dello sport, del web stesso) approfittando in questo caso della distruzione delle barriere che nella vita fuori dal web sarebbero un ostacolo alla comunicazione.
E poi c’è la notifica, la notizia, distaccata ed oggettiva, che sì può avvisarci che qualcuno ci ha contattati (tramite bacheca) o ha risposto ad un qualche post, ma essa a livello primario non instaura alcun legame relazionale, perciò implica che siamo noi i principali interlocutori di dialogo.
Secondo questo schema dunque, noto come a livello.. si, a livello inconscio dopotutto – poterlo analizzare non lo rende automaticamente mirato e razionale- sono portato a prediligere dunque una forma di contatto che non escluda possibilità, che si espanda all’infinità di potenziali contatti sconosciuti, per dar modo al web di compiere il suo vero compito, che è quello di instaurare relazioni.
D’altronde, conosco molte persone che seguono il procedimento opposto, privilegiando difatti la notifica alla richiesta d’amicizia, e così via. Sono modi inconsci di veder le cose, dopotutto.
Spesso neppure voluti.

Dopo questa divagazione, e tornando alle righe iniziali dell’articolo, si parlava di abitudine. Chi di noi può affermare di non visitare, considerando potenzialmente illimitato il tempo di navigazione, la stessa pagina per due o più giorni consecutivi?
Come fa una pagina internet a portare “dipendenza”? Che relazione si instaura?
Io credo che alla fine l’uomo ritrova su internet quello che di sé cerca nella società al di fuori di esso.
Se ci pensiamo, i social newtork svolgono questa funzione, quella di tenere unite persone attraverso relazioni stabili ma digitali: cancellano l’impossibilità di un contatto, letteralmente… e questo credo sia qualcosa di sorprendentemente rivoluzionario.
Nel mio caso, all’apertura di internet, ho almeno 5-6 pagine da aprire assolutamente, e – come poi vedrete- hanno tutte qualcosa in comune:
Facebook
Forum da me gestito
E-mail
Blog
Canale Youtube
Google news
Altro (all’occorrenza);
In realtà, queste pagine sono molto vicine tra loro: un forum presuppone relazione, quindi novità rispetto ai contenuti, utili per instaurare dei rapporti; L’email è una possibilità di relazione, più instabile e poco immediata, ma potenziale: potremmo ricevere una mail in qualsiasi momento da chiunque, anche dalla persona più improbabile del mondo; Il blog è l’esteriorizzazione di se stessi: anche all’interno del web abbiamo bisogno di un luogo confortevole in cui rifugiarci, in cui calmare i nostri dubbi e paure, in cui sfogarci. Anche il canale youtube presuppone un eventuale contatto con chiunque, forse in dimensione ancora maggiore alla mail; E beh, google news per restare con i piedi per terra, per non perderci nell’infinità dell’era digitale, per sapere cosa accade intorno, per non cadere delle nuvole.
Vedete, tutte queste cose hanno un filo conduttore comune… la relazione.
Internet nasce come strumento, ma si sviluppa per gran parte a livello relazionale: nel momento in cui noi scegliamo di crearci un’identità all’interno di un mondo senza limiti, senza frontiere, noi ricreiamo noi stessi in un’altra dimensione, e tingiamo da elementi comuni di ogni giorno quello che poi ci indirizzerà in questa nuova vita.
Una vita fatta di relazioni, proprio come “fuori”! E ancora, relazioni facilitate a grandi distanze, tra individui sconosciuti, e senza la barriera impenetrabile della “faccia”. Possiamo veramente essere noi stessi, in un mondo digitale, più che nel mondo reale.
C’è allora così tanta differenza?

Nello scorso articolo avevo concluso con una domanda.. “Andando avanti su questa linea, come vedremo il nuovo rapporto con la rete informatica tra vent’anni?”.
Io credo che la vedremo non solo consolidata, ma superata: non esisterà più alcun rapporto con “la rete”, perché la rete sarà parte di noi, delle nostre vite, così come i miliardi di utenti a popolarla.
Il mondo è già cambiato sotto i nostri piedi; Un’innovazione rapida, indolore, ma veramente forte, densa di novità e di un nuovo modo di vedere le cose.
Se in 10 anni siamo stati capaci di creare il mondo dei social network e interiorizzarlo, in altri 20 a mio avviso non esisterà più alcun modo digitale: semplicemente non vi sarà distinzione, perché esso farà parte di noi.
Che questo sia un bene o un male, lascio a voi giudicarlo… e prossimamente tenterò di dare anch’io una risposta.

Per oggi mi fermo qui, dunque 🙂

Il pianto

Pubblicato: 11 dicembre 2011 in Senza categoria

Piangere è l’ultima parvenza d’umano che ci rimane.
Piangere ci libera. Libera dagli schemi, dal quotidiano, dall’uguaglianza. Quando piangiamo siamo diversi, mostriamo un lato di noi che vorremmo celare.
Ma perchè tenere nascosta la migliore parte di noi stessi?
A cosa serve una maschera di sorriso dietro amare sensazioni? Non vorremmo forse tutti privarci di quella maschera?
Non sarebbe bello poter piangere tutti assieme quanto ci pare, lasciando trasparire la nostra vulnerabilità?
E’ inutile sembrare. E’ inutile ai fini della vita. La specie che si riproduce secondo Darwin non è quella che sembra, è quella che è.

E noi tramandiamo da secoli una storia perfetta, fatta di miti, guerre ed imperi. Tralasciamo il fatto che all’interno della perfezione sia vissuta l’imperfezione, o se vogliamo, che la perfezione stessa sia costruita di imperfezioni.
Chi ha detto che piangere è male? Chi ha detto che piangere sia debolezza? O anche ammesso che lo fosse, chi ha detto che male e debolezza siano la medesima cosa?
Non piangiamo forse perchè il male ci ha stretti nella sua morsa?
Se fosse vero che mostrare se stessi “deboli” al prossimo sia fonte di vergogna, allora saremmo tutti dei superuomini senza paura.
E sappiamo che non esiste nessuno che non provi paura. O se qualcuno asserisce d’esser fatto in tal maniera, storciamo il naso, o ci congratuliamo con lui.
Non sappiamo se quel qualcuno dica il vero , oppure sia l’ennesima maschera. Apparenza. Una vita che gira attorno a questo assurdo concetto, che non è nient’altro che astrazione.
Apparenza è un’idea. Dietro l’apparenza sta la realtà, il vero volto coperto dalla maschera. Non dovremmo vergognarci della realtà, non ha senso farlo.
Conosco persone che farebbero di tutto per non lasciar vivere se stessi al di fuori del loro io interiore; Persone che anche dinanzi le peggiori  tragedie farebbero finta di niente, illudendo magari se stesse d’esser coraggiose. E se una lacrima fuoriesce senza il loro consenso, ecco che a quel punto scattano le spalle. Ci si volta, ci si asciuga, e tutto è di nuovo come prima.
Sfiderei queste persone a mettere a confronto una realtà come questa, in cui maschera è salvezza (ma salvezza da chi? chi ci impone di costruire un non-io su noi stessi?), o uno sfogo di lacrime su una persona che vi capisce, e che vi accoglie nel suo abbraccio, riuscendo a calmarvi.
Perchè mai dovremmo avere paura di questa persona? O se vogliamo, perchè mai questa persona dovrebbe negare le nostre lacrime, e guardarci di malocchio perchè siamo noi stessi?
Ogni concetto di questa assurda società si mescola nell’ignoranza e nel pregiudizio (ingiustificato) di fronte a qualcosa che non comprendiamo.
La lacrima vera, e ora mi riferisco esclusivamente alla non-gioia, quella che davvero ci fa paura, a volte non è sufficiente neppure ad esprimerci.
Ricordo che quando un tempo ottenni una delle peggiori notizie della mia vita, non piansi. Ma non perchè ne avevo timore. Tutt’altro. Avrei voluto piangere, disperarmi. Ma sapevo che non sarebbe bastato. La lacrima è una piccola consolazione. Nella lacrima qualcuno scopre che non sei così diverso da lui, che anche tu sei umano e quindi entrambi potete condividere lo stesso destino, senza mascherarvi l’uno all’altro.
Ci sono quelle volte in cui invece possiamo solo piangere con noi stessi, con le nostre paure, assillarci, eppure sappiamo che ciò non servirà a nulla, e non potrà aiutarci.
Non si tratta di coraggio, stavolta. Si tratta d’illusione. E l’illusione è uno dei nostri veri peggiori mali, che nessun pianto saprà mai descrivere.